Italia – Israele. Quando lo sport diviene geopolitica
di Antonio Chizzoniti
Lo sport dovrebbe essere nell’ideale collettivo un momento di competizione che esula dalle tensioni e dai conflitti in atto nel mondo. Pensare che un pallone sia esso da calcio, rugby o basket o di qualsiasi altro sport abbia il potenziale di far “giocare” insieme persone che normalmente non si rivolgerebbero la parola è un’idea suggestiva ed emozionante.
Sin dagli albori del concetto di olimpiade la competizione sportiva veniva percepita come un momento sacro con il quale nemmeno le guerre potevano interferire.
Un momento nel quale gli uomini si confrontano non in base a ciò che hanno ma a ciò che sono capaci di fare, un momento che unisce nella fatica e rende facilmente percepibile quanto siamo simili.
Tuttavia, lo sport è anche, soprattutto nell’era moderna, un palcoscenico capace di amplificare qualsiasi messaggio, propaganda o insicurezza fino a divenire uno strumento d’interesse geopolitico.
È di solo qualche giorno fa la notizia, smentita ma non troppo, che la sicurezza della nazionale israeliana, che disputerà il 14 ottobre a Udine la partita valevole per la qualificazione ai prossimi mondiali di calcio contro gli azzurri del CT Gattuso, sia stata demandata ai servizi segreti israeliani.
Proprio uomini del Mossad, si mormora, scorteranno la nazionale israeliana sin dal suo arrivo all’aeroporto ronchi dei legionari col fine di tradurla in una località top secret e sorvegliata h24 fino al momento della ripartenza. La notizia del presunto beneplacito del Governo italiano all’azione degli uomini del Mossad ha suscitato scalpore in una parte di opinione pubblica, che si è detta apertamente contraria a qualsiasi autorizzazione all’operato di servizi esteri nel nostro Paese.
A nostro avviso la novità risiede al contrario nel fatto che, se confermato, Israele abbia inteso lavorare in sincrono con il governo italiano ed i suoi servizi d’intelligence.
Appare impensabile, o peggio da ingenui, poter pensare che in un momento delicato come quello che stiamo attraversando l’intelligence israeliana non attenzioni la sicurezza della propria nazionale. D’altronde uno dei fini ultimi di un servizio d’intelligence è proprio operare segretamente presso paesi terzi al fine di garantire la sicurezza dei propri cittadini.
Se è vero come si dice che il Mossad abbia un formidabile “memoria” mai i suoi uomini potranno dimenticare il terribile attentato avvenuto in occasione delle olimpiadi di Monaco del 1972 quando un commando dell’organizzazione terroristica palestinese Settembre Nero irruppe negli alloggi destinati agli atleti israeliani del villaggio olimpico, uccidendo subito due atleti che avevano tentato di opporre resistenza e prendendo in ostaggio altri nove membri della squadra olimpica di Israele poi tutti morti a causa di un tentativo di liberazione della polizia tedesca.
Dunque, l’idea che i nostri apparati di ordine pubblico operino in sincrono con l’intelligence israeliana per garantire che un evento si svolga in sicurezza dovrebbe essere accolta con favore, soprattutto perché ci sentiamo di sottolineare, come proprio il nostro Paese sia uno dei pochi a poter garantire lo svolgimento in sicurezza di un evento sensibile come questo.
L’opinione dell’esperto
Abbiamo il piacere e l’onore di poter rivolgere qualche domanda al Prefetto Marcello Cardona. Il Prefetto Cardona è una figura di alto profilo istituzionale, con una lunga carriera al servizio dello Stato. Questore e Prefetto in città strategiche come Milano e Lodi, si è distinto per la sua gestione autorevole in contesti delicati, tra cui l’emergenza Covid. Alla solidità del suo percorso istituzionale si affianca una profonda passione per lo sport: è stato arbitro di Serie A e dirigente arbitrale di rilievo. Unisce dunque una solida competenza istituzionale con l’esperienza concreta del mondo sportivo.
Prefetto, quali sono le principali sfide nella gestione della sicurezza durante eventi sportivi di questa portata?
«Più che sfide, quello che conta è garantire ordine e sicurezza pubblica. L’autorità di pubblica sicurezza, il questore per l’aspetto tecnico e il prefetto per quello generale, organizzano tutte le attività necessarie alla tutela della manifestazione. L’obiettivo è proteggere le manifestazioni lecite, che fanno parte della vita sociale e costituiscono un diritto tutelato dalla Costituzione. Per questo vengono predisposti servizi preventivi e misure specifiche a tutela di questi eventi».
Quanto è cambiata la gestione degli eventi sportivi negli ultimi anni, alla luce di nuove minacce come terrorismo, cyberattacchi o radicalizzazione?
«L’organizzazione ha protocolli consolidati, ma ciò che è cambiato è la rapidità con cui si possono manifestare episodi di disturbo, come cortei non preavvisati o disordini improvvisi. Di conseguenza, le contromisure si basano sulla rapidità di acquisizione delle informazioni, sia tramite canali interni che internazionali, e sull’uso coordinato degli organi di intelligence».
Esiste un coordinamento sistematico con i servizi di sicurezza esteri, soprattutto per eventi con delegazioni internazionali come quella sportiva israeliana?
«Sì, su due livelli. Il primo riguarda la collaborazione tra le forze di polizia europee e internazionali, efficace e strutturata. Il secondo è più delicato, legato ai servizi segreti: qui i rapporti dipendono dalla stabilità dei singoli paesi. Con paesi come Italia, Israele, Stati Uniti, Francia o Germania, esistono relazioni consolidate che permettono lo scambio di informazioni riservate».
L’Italia è oggi in grado di gestire eventi sportivi ad alto rischio mantenendo un equilibrio tra sicurezza e valori democratici?
«Assolutamente sì. La storia della gestione dell’ordine e sicurezza pubblica nel nostro paese dimostra grande preparazione. Ci sono state situazioni particolarmente complesse in passato, come il G8 di Genova che rimangono tuttavia casi isolati, oggi la struttura organizzativa è pronta ad affrontare qualsiasi evento, adattandosi alle situazioni contingenti. Ogni manifestazione è unica, e richiede una valutazione specifica, ma posso garantire personalmente che il nostro sistema è solido ed efficace».
