mercoledì, Maggio 15, 2024
Società

Oltre la scuola del conformismo. Lo sviluppo del “pensiero divergente” come potenziale umano

di Adele Brogno

Come un labirinto la cui struttura architettonica rende disagevole il cammino verso una via d’uscita così la scuola sembra ancora percorrere un intricato cammino volto a salvaguardare lo status quo, ostacolando il percorso didattico dell’alunno verso il potenziamento di un “pensiero divergente”.

Con l’espressione “divergente” si intende quella facoltà-attività della mente capace di generare nuove idee-soluzioni alternative per un dato problema.

Insieme all’avanzare di una società sempre più volubile, lo sviluppo di un pensiero dissonante potrebbe difatti rappresentare una trovata ingegnosa, necessaria a stimolare il “potenziale creativo” degli allievi.

Purtroppo, però, sono ancora molte-tante le scuole, che anziché incentivare ad un apprendimento “innovativo”, sopprimono la creatività, come più volte ribadito dall’educatore ed esperto di pedagogia Ken Robinson: “I bambini hanno tutti un grande talento e noi lo sprechiamo. Sbagliano e la scuola colpevolizza chi fa errori. E così facendo pone un freno allo sviluppo mentale e sociale degli studenti, impedendo loro di eccellere in ciò per cui sono portati. Esattamente il contrario di quel che l’istruzione dovrebbe fare, ovvero consentire agli studenti di comprendere il mondo intorno a sé e i propri talenti, così da diventare individui realizzati, proattivi e compassionali”.

Quanto enunciato non vuole però rovesciare la prospettiva secondo cui non debba esistere una formazione di base,ma piuttosto pensare alla creatività come un’abilità del pensiero che inciti l’alunno a porsi delle domande, a dubitare di fronte a una scelta; un alternarsi continuo fra pensiero divergente/convergente che consenta allo studente di raccogliere da un lato, gli aspetti cognitivi di base, dall’altro, laddove possibile, di uscire dagli schemi comuni-abituali.

Quali a questo proposito gli interventi da attuare verso una nuova scienza dell’educazione?

Per tradurre in realtà una pedagogia della creatività, occorre in primis invogliare l’allievo ad interrogarsi sempre, complice anche una didattica collaborativa, che vede il docente favorire l’interazione fra studenti, da cui poi scaturisce un debate (letteralmente “dibattito”) volto a stimolare la discussione.

Il fine è quello di porre gli studenti dinanzi situazioni problematiche (“problem solving”) a cui trovare soluzioni alternative attraverso l’uso di diverse metodologie didattiche: il brainstorming (tradotto “tempesta di cervelli”), che consiste nello scovare più soluzioni ad una data questione – accogliendo le idee di tutti – , il concassage (tradotto “frantumazione”), che vede la questione esaminata sotto diverse chiavi di lettura, il metodo S.C.A.M.P.E.R, che si serve di verbi d’azione come stimolo, la tecnica dei 6 capelli per pensare con cui, azionando le diverse facoltà intellettive, è possibile immaginare di indossare cappelli di colore diverso che guidano le idee pertinenti l’argomento scelto  (es. il cappello verde genera il pensiero creativo), e ancora la scrittura libera, il disegno, l’uso di colori, costruzioni, oggetti da maneggiare ecc.

Modalità efficace a stimolare l’apprendimento creativo è anche il gioco: l’uso di giochi creativi può difatti rendere la mente umana più attiva, flessibile.

È pertanto opportuno che la scuola fornisca agli studenti le attrezzature necessarie ad affrontare l’avvenire, l’ignoto attraverso un processo di scoperta che li renda autonomi di pensare, stimolando l’attitudine ad apprendere lungo tutto l’arco della vita (“lifelong learning”).

Al riguardo si è espresso anche lo psicologo statunitense Jerome Bruner il quale ha ribadito, che si tende spesso a premiare solo le risposte giuste, rendendo gli studenti scarsamente disposti a osare nella soluzione di idee nuove, originali. Ecco perché, fra le tante competenze che un docente dovrebbe possedere, vi rientra sicuramente la capacità di creare un clima che inciti gli allievi ad andare oltre il pensiero logico-analitico, tenendo in considerazione, che anche produrre risposte originali-inusuali, richiede sempre un’operazione di verifica-controllo.

Dimostrazione, questa, che le due facoltà di pensiero devono trovare un possibile luogo di mediazione poiché, se lungo il percorso divergente sono prodotte idee nuove, lungo quello convergente “si canalizza l’energia liberata in fase divergente, per arrivare ad una o più soluzioni originali, efficaci e realizzabili”.

Promuovere una pedagogia della creatività significa così stimolare, esplorare il pensiero del discente verso una società in rapida evoluzione, verso l’acquisizione di competenze e abilità: la capacità di risolvere un problema, di esprimere un giudizio attraverso un’analisi accurata, lavorare insieme tra compagni, stimolare il pensiero computazionale, logico-creativo, sviluppare delle competenze per la vita (meglio note come “life skills”).

Questo voler impartire una nuova educazione e formazione degli allievi è ciò che forse consentirà alle future generazioni di trovare “occupazioni che potrebbero essere in linea con i loro talenti e le loro passioni”; tale propensione deve però essere incrementata facendo leva sulle potenzialità interiori di ognuno.

Occorrono di conseguenza metodi attivo-operativi, euristici o della ricerca; un’attività di tipo combinativo necessaria a “sviluppare nuove ide, storie, prodotti e nuove conoscenze”.

Occorre, dunque, come già enunciato dalle “Indicazioni Nazionali per il curricolo”, allargare la visione verso la ricerca di nuove conoscenze-saperi.

In che modo?

Superando la logica della roccia e accostandosi alla logica dell’acqua”; varcando il modello del “pensiero convergente”, imparando a navigare verso nuove idee ed esperienze.

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