sabato, Maggio 18, 2024
Società

PIU’ EDUCAZIONE

anali di Gaetano Marino

Con l’arresto di Matteo Messina Denaro e la detenzione al 41 bis di Alfredo Cospito è tornato in auge il tema dell’antimafia nelle scuole e della vita carceraria, e di come la cultura e l’educazione siano si importanti per contrastare il fenomeno mafioso ma anche per comprendere il tema della vita nelle mura del carcere.

Sembra però davvero riduttivo scaricare il peso del contrasto alla mafia semplicemente alla scuola. Per uno Stato che sembra a volte essere davvero vicino agli interessi della mafia non basta avere una popolazione che sia contraria a essa per abbatterla.

La questione che spesso risalta nella lotta alla criminalità organizzata, specialmente al Sud, è quella della necessità di un lavoro, retribuito in modo corretto e con i contratti in regola ed è anche per questo che,  con tutte le problematiche che il Mezzogiorno d’Italia porta con sé ormai dal 1861, sembra ingenuo pensare che facendo un po’ di scuola su cosa sia la criminalità organizzata si riesca a sconfiggerla.

Purtroppo non solo nel Sud si convive con la criminalità ma anche nel Nord Italia si sa bene cosa significa vivere in un contesto mafioso. Senza un progetto politico ambizioso e che abbia uno sguardo sul lungo periodo e non solo slogan elettorali, che non abbia come orizzonte le prossime elezioni ma la prossima generazione, non si può pensare di intaccare la situazione attuale.

Nella situazione attuale chiunque pensi al futuro si trova di fronte a un bivio, emigrare o cercare un aiuto che possa permettere all’individuo di vivere in modo dignitoso. Questo va bene per chi si trova nella condizione di avere comunque un’istruzione adeguata, ma per chi, come spesso capita, si trova in una situazione di bisogno e necessita di un lavoro nell’immediato si trova costretto a diventare l’ennesimo caso di manovalanza; altre volte invece spesso nell’adolescenza si sceglie la via della protesta e si finisce a militare con gruppi politici che propongono idee estreme.

Il tema della violenza politica dal 2002, dopo l’ultimo omicidio da parte delle Nuove Brigate Rosse, era stato derubricato a scontri con la polizia durante le manifestazioni di piazza ma, dopo le rilevazioni in parlamento delle intercettazioni in carcere tra diversi boss e Cospito, si è ridata nuova  nuova linfa alla ormai vecchia saldatura tra estremismo e le associazioni a delinquere.

Spesso con il pensiero di lucrare su una parte che nel pensiero è totalmente opposta a esso si finiva per esasperare atteggiamenti totalmente contrastanti, solo che finora a lucrare tra estremisti e criminalità è stata solo la criminalità ora la situazione si è estremizzata. Dal lato educativo non basta la semplice narrazione delle vicende storiche italiane legate a queste problematiche che insanguinano l’Italia dal secondo dopoguerra, per quanto il fenomeno dell’eversione sia alquanto marginale, è comunque giusto raccontarlo perché fa parte integrante della storia italiana e inoltre ad esso sono legati molti misteri della vita politica italiana.

Per quanto riguarda il fenomeno criminale, che tuttora nel nostro paese porta seri squilibri, non basta il semplice ricordo delle stragi che più hanno colpito l’opinione pubblica per suscitare un sentimento di cambiamento. Ad esempio, visto che l’ora di educazione civica è stata reintrodotta proprio per formare gli studenti e farli diventare buoni cittadini, il tema della lotta alla criminalità organizzata dovrebbe essere cruciale, così si ha il tempo adatto per spiegare la storia e le successive trasformazioni delle varie associazioni a delinquere, in modo da mostrare i danni provocati al territorio per via del parassitismo e del riciclaggio di denaro[1], che ha portato ad inquinare ancora di più un sistema come il nostro che non è affatto perfetto. Si potrebbe spiegare inoltre le stragi compiute, i singoli delitti e tutte le sopraffazioni che questa gente ha portato nei loro stessi territori, mettere in luce le connivenze con lo Stato che spesso per comodità e convenienza ha abbandonato a se stesso interi territori. Ma anche una delle cose più importanti sarebbe lo studio di tutti quei personaggi che sono stati mitizzati nei film e nelle serie tv, che forse nelle buone intenzioni di chi produceva quei lavori avrebbero dovuto sensibilizzare la popolazione verso quelle tematiche, ma che invece ha solo prodotto ammirazione verso quelle figure. in una società liquida come la nostra in cui si ha il bisogno spasmodico di ricercare nell’altro riconoscimento e rispetto verso il proprio sé, spesso tanti ragazzi sono attirati da questi modelli che in tv sembrano potenti, ricchi e rispettati. Ciò che accade spesso è l’esatto contrario, anche i capi di tali consorterie delinquenziali sono costretti a nascondersi ed a vivere costantemente nell’ansia della cattura. Proprio questo riconoscimento che solo l’altro da noi ci può dare ci porta sempre di più a ricercare soluzioni brevi da cui trarre questo piacere dato dalla soddisfazione di questo desiderio. I gruppi da sempre hanno esaudito la necessità di riconoscimento al loro interno ma portano sempre con sé sempre il pregiudizio verso outgroup;  inoltre i vari film in cui si vedono personaggi con zero istruzione partire da zero, specialmente in Sicilia, e diventare poi dei capi mafia in Calabria questo non è replicabile per via della struttura familiare della ‘ndrangheta, solo che spesso quando si approccia questo mondo criminale non si è in possesso né della maturità necessaria a capire ciò che si sta facendo e nè delle conoscenze riguardanti la gente che si ha di fronte e di come essi agiscono.

Questo porta a credere, traviati dai film, che chiunque possa diventare il nuovo capobastone della ndrina di riferimento quando invece si finisce solo per aumentare il numero della popolazione carceraria italiana. La scuola italiana ha il dovere di dare una conoscenza esaustiva del fenomeno della criminalità organizzata se vuole puntare a demitizzare quei soggetti che tanto male hanno fatto al nostro paese, ma deve anche ridare dignità sia ai percorsi di studio universitari e ai lavori legati ed essi, perché altrimenti sarà sempre più facile scegliere la carriera criminale che se anche per un breve lasso di tempo porta con sé denaro e rispetto, e nella nostra società liquida va bene anche vivere di ricordi per chi poi si trova in carcere per degli errori giovanili. Queste persone nel contatto con i più giovani potrebbero sortire grande effetto mostrando cosa succede nel momento in cui si intraprende quel tipo di rotta. Ma in fin dei conti la paura del carcere e le istanze di prevenzione generale in Italia non funzionano, e penso che per agevolare un cambiamento nel pensiero sia necessario innanzitutto dare spazio alla conoscenza del fenomeno mafioso, e poi dare di nuovo dignità allo studio e al lavoro con degli stipendi dignitosi e adeguati anche a quelli del resto della comunità europea.

[1] M. Caligiuri, Intelligence e ‘ndrangheta. Uno strumento fondamentale per contrastare uno dei fenomeni più pericolosi del mondo, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2009.

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