domenica, Ottobre 13, 2024
Intelligence

Sudafrica: padrone dell’incertezza.

Analisi del dott. Umberto Bonavita

Le ombre della storia, reali o immaginarie, incombono sul dilemma russo del Sudafrica. Vecchie alleanze, rancori e obblighi sembrano ora farsi sentire, e la potenziale visita di Putin al vertice BRICS di agosto sta presentando al presidente Ramaphosa un problema sempre crescente.

Deve scegliere se continuare lungo la strada che ha seguito con determinazione nell’affiancare la Russia,  rischiando la sua reputazione in Occidente; oppure allontanarsi da Mosca e rischiare una delle sue posizioni diplomatiche più importanti nell’alleanza BRICS. La decisione presa da Ramaphosa sarà fondamentale per la direzione futura della politica estera sudafricana e altre nazioni in tutto il continente terranno d’occhio Pretoria, dove risiede il potere esecutivo. Il Sudafrica ha tre città che fungono da capitali: Pretoria (esecutivo), Città del Capo (legislativo) e Bloemfontein (giudiziario).

 

 

 

Il suo ruolo di membro dei BRICS ha elevato la posizione diplomatica del Paese. L’adesione del Sudafrica è un’importante vittoria diplomatica e, nonostante sia un paese molto più piccolo, non solo per popolazione ma anche sul piano economico, rispetto agli altri membri, i suoi legami economici si stanno rafforzando.

Dall’inizio della guerra in Ucraina, il Sudafrica ha orgogliosamente brandito il suo status di non allineato, astenendosi dai voti delle Nazioni Unite che condannano la Russia. Nel frattempo però avvengono esercitazioni navali con Russia e Cina, invia alti funzionari della difesa a Mosca e accoglie navi e aerei russi nei suoi porti e aeroporti.

Le dichiarazioni pubbliche mal articolate di Pretoria sulla posizione di non allineamento del Sudafrica, considerando gli interessi geopolitici ed economici, rendono le azioni del governo ancora più inspiegabili.

La natura casuale della politica estera del Sudafrica deve molto alla nostalgia dell’ANC (African National Congress) per l’Unione Sovietica, che ha contribuito a finanziare la sua lotta di liberazione contro l’apartheid. Il regime dell’apartheid fu disprezzato e fortemente contrastato da gran parte della comunità mondiale, e dalla metà degli anni ottanta il Sudafrica fu considerato uno Stato paria. Ma il disordine è frutto di una questione più ampia: come le nazioni non occidentali si posizionano mentre l’ordine mondiale si frattura.

Il Sudafrica gode di un accesso preferenziale ai mercati europei e statunitensi. Le esportazioni di entrambi sostengono la sua base manifatturiera, in particolare la sua industria automobilistica. Ma l’attività mineraria è sicuramente tra i settori più importanti dell’economia sudafricana. Insieme ai giacimenti di oro e diamanti, esistono altre risorse presenti in grande quantità e diversificate nel sottosuolo, come uranio, platino, carbone, cromo e argento. D’altronde essa è la seconda economia dell’Africa sub-sahariana. Allo stesso tempo fa parte insieme a Cina, India, Russia e Brasile dei BRICS, un gruppo ormai in espansione.

I Paesi in via di sviluppo, in senso lato, hanno aumentato enormemente il loro peso globale. Nel 2000, hanno costituito il 43% della produzione economica globale in termini di parità di potere d’acquisto, secondo i calcoli del FMI. Entro il prossimo anno, la percentuale salirà al 63 per cento. Ciò segna un profondo spostamento da ovest a est e, in una certa misura, da nord a sud. Le istituzioni forgiate dopo la seconda guerra mondiale e i presupposti che le hanno sottolineate semplicemente non riflettono il mondo come è oggi.

I Paesi che hanno giocato un ruolo secondario nell’ordine mondiale post-1945 vogliono cambiare. Intravedono sia il pericolo che l’opportunità. Opportunità perché sono corteggiati, commercialmente e diplomaticamente, da più aspiranti partner. Pericolo perché potrebbero essere costretti a scegliere.

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